Sempre più lifeguards ci segnalano di aver operato salvataggi con mare agitato con  la loro tavola da surf.

Senza la tavola non sarebbero riusciti a portare a termine il salvataggio in modo veloce, sicuro e minimizzando i rischi che ogni salvataggio con un mezzo impegnativo e grande come un pattino comporta.

Alcuni Comandi di Capitaneria di Porto hanno, negli anni, introdotto la rescue board (a volte erroneamente citata come longboard) nelle ordinanze di balneazione come strumento facoltativo del salvataggio. Questa audace innovazione assicura la copertura legislativa dell’operatore. Non è poco.

E’ opportuno che tale innovazione debba essere estesa a tutto il territorio nazionale.

Inoltre, con la graduale e progressiva (ahinoi) scomparsa dei pattini dalle coste italiane in favore dei pedalò le nuove generazioni di aspiranti bagnini registrano una scarsa propensione alla voga. Al tempo stesso con l’esplosione del surf da onda si è notata una notevole capacità dei giovani italiani alla remata surf. Un ulteriore ingrediente che avvalora la necessità dell’introduzione della RESCUE BOARD come strumento del salvataggio.

Strumento non nuovo visto che è fra i principali mezzi di salvataggio in USA, Austrlia, Gran Bretagna, Francia, Portogallo, Spagna e Sud Africa.

Lo è da più di 30 anni.

Ultima ragione a perorare la causa della RESCUE BOARD è la Legge 81. La Legge 81 dice che ove non annullabile il rischio vada minimizzato nell’esercizio delle proprio funzioni. Un salvataggio con un pattino comporta dei rischi che sono evidenti: la possibilità di ribaltamento e che gli operatori del salvataggio, i pericolanti ed i bagnanti vengano colpiti dai remi, dagli scalmi o dallo scafo (che pesa più di 60 kg) sono elevate. Una rescue board pesa meno di 14 kg e assicura una risposta all’onda assolutamente più controllata e performante.

E’ tutto facilmente dimostrabile in una sessione di paragone in spiaggia.

Le Autorità interessate sono invitate a scriverci e avranno la nostra totale disponibilità.