Le perplessità che emergono dal processo di Imperia

dal dibattimento emergono elementi di novità e perplessità per il salvataggio

Abbiamo seguiamo le notizie relative al processo per il tragico annegamento del bagnante avvenuto ad Imperia nell’estate del 2015. la tragedia di Imperia, dal giorno in cui avvenne. Poche ore dopo l’avvenimento la community di assistenti bagnanti di Rescue Italia ne era già a conoscenza suscitando un dibattito enorme.

Sono tanti gli elementi di questa tragedia che hanno suscitato la nostra riflessione ed il nostro pensiero. Molti di questi sono emersi durante il dibattimento processuale per i bagnini che, lo ricordiamo, sono accusati di omicidio colposo. Li andiamo a trattare per punti:

1. Come era davvero il mare? Ad una lettura degli eventi ci lascia stupiti che non vi sia una foto o video delle condizioni del mare della giornata (siamo o non siamo nell’epoca dei social e delle fotografie a raffica?)  e che le condizioni del mare vengano semplicemente dedotte dalla misurazione delle onde presa a notevole distanza dalla riva. I bagnini sostengono che fossero proibitive, per il consulente della famiglia del defunto non proibitive. Per i testimoni? Per i bagnanti abituali del lido? Per gli altri bagnini che operano nell’area? Se non era proibitivo perché il pattino di salvataggio non era utilizzabile?

2. Perché la spiaggia libera non era sorvegliata? Non viene analizzata la mancanza di un servizio di sorveglianza e prevenzione sulla spiaggia libera comunale da dove è entrato in acqua il pericolante. Come se il servizio di sorveglianza di due piccoli lidi privati possa sopperire alla mancanza di sorveglianza su una spiaggia libera grande sei volte tanto. Vi era almeno una cartellonistica appropriata posta da parte dell’ente comunale?

3. Il pattino di salvataggio, risultato di impossibile utilizzo a causa delle forti onde sulla battigia, come spesso accade nelle spiagge a rapido declivio nelle giornate di mare agitato è il “principale sconfitto” di questa tragica vicenda. Uno strumento che ancora viene troppo abusato dai bagnini di salvataggio.  La vicenda ci ricorda che un’assistente bagnanti deve essere capace di effettuare, o tentare di effettuare, un salvataggio con qualsiasi ausilio previsto dall’ordinanza di balneazione. In questo caso con mare agitato, come già più volte ripetuto nel nostro blog,  la combinazione rescue can più pinne sarebbe stata quella più indicata o altrimenti visto che il pericolante era cosciente e a non più di 20 metri dalla riva tentare da subito un lancio con la sacca da lancio.

4. E’ veramente consigliabile effettuare un salvataggio senza dispositivi? Il consulente della famiglia del pericolante defunto è sicuramente una persona preparata ma in questo processo arriva ad ipotizzare che i bagnini avrebbero dovuto effettuare il salvataggio senza dispositivi. Non stiamo parlando di andare a recuperare un bambino in una secca con mare calmo a pochi metri dalla riva. Qua parliamo di un uomo adulto che annega ad almeno dieci metri dalla riva in acqua profonda, con corrente verso fuori e onde di livello che si abbattono sulla battigia. Quanto viene detto va contro le procedure che dicono che il salvataggio va operato in sicurezza e con i dispositivi. Lo dicono i manuali, lo prevede la Legge 81 e viene ribadito persino nella sentenza Carroccia (per altro con un esito criticabile per il contesto in esame nella sentenza stessa ).

5. Perché fare il bagno con quel mare? Capiamo il dramma e la tragedia che comporta la perdita di una persona cara ma dobbiamo cercare di restare oggettivi ed analizzare la situazione in modo sereno. Se le condizioni del mare erano così impegnative perché non viene analizzato anche il comportamento del genitore che lascia andare il figlio a fare il bagno da solo in un mare così impegnativo? Lo ricordiamo: onde di un metro che frangono sulla battigia, vento attivo e rapido declivio. E’ un comportamento prudente? O qualcuno ha rischiato qualcosa più del dovuto? La bandiera rossa era issata? E’ stato chiesto ai bagnini dove fosse (se vi fosse) una zona sicura?

6. Gli elementi di novità. Nel dibattito processuale viene preso in considerazione un elemento quasi totalmente nuovo: la mancata analisi dello scenario delle operazioni e la conseguente mancata scelta delle dotazioni volte alla mitigazione del rischio (legge 81) che avrebbero aumentato la sicurezza dei bagnini e le loro performances nel salvataggio. Qualcosa di simile viene fatto dagli istruttori di surf. La ISA prevede, infatti, l’analisi del contesto (della surf zone) prima dell’inizio di una lezione di surf. Ma per il settore del salvataggio è qualcosa di assente. La Capitaneria emette l’Ordinanza di Balneazione. Nel 99% dei casi uguale all’anno precedente. Il bagnino la legge e la applica. In molti casi si limita a fare quello che il collega anziano o il datore di lavoro gli indica.

A leggere quanto dibattuto si richiede un cambio totale di approccio al nostro lavoro ma la perplessità che scaturiscono dal dibattimento rafforzano la sensazione che quei due bagnini a lavoro a fianco di una spiaggia libera non sorvegliata ben più ampia sono poco più che due capri espiatori.

Note: la lettura dei resoconti del dibattimento è avvenuta sul portale ImperiaPost.it