Conosciamo uno degli essere più affascinanti del nostro mare che insieme alla tracina (detta anche raganella) rappresenta una delle principali “grane” da risolvere per i bagnini di salvataggio.
Il fascino e mistero della medusa ha prodotto nei tempi antichi dei veri e propri miti come quello nella mitologia greca ma per l’odierna e terrena vita del bagnino pone due problematiche principali: il trattamento delle ustioni da contatto e l’annosa questione sul cosa fare delle meduse che si avvicinano alla riva.
Del primo punto parleremo dopo. Riguardo al secondo, il consiglio che possiamo dare è: se la vostra spiaggia è infestata da meduse (in alcuni momenti della stagione si registrano dei veri e propri picchi) apponete dei cartelli per sensibilizzare i bagnanti. Le meduse che arrivano ormai morte vicino alla riva (nei 5 metri dal bagnasciuga) hanno ancora potere urticante per cui il consiglio è quello di recuperarle e sotterrarle sotto la sabbia. Un errore tremendo è quello di metterle dentro i sacchi dei rifiuti perché si sciolgono emanando una puzza micidiale.
Per rimuovere una medusa basta prenderla dalla parte superiore, detta cappella, evitando i tentacoli.
La medusa è un essere marino ed il mare è la sua casa. I turisti e bagnanti spesso eccedono nel molestarle catturandole vive e mettendole in secchielli. E’ un problema perché catturandole con i retini spargono il liquido urticante della medusa in mare e perché sottopongono questo essere marino ad una ingiusta sofferenza. In questi casi si raccomanda con la dovuta accortezza di ricordare a bagnanti e turisti di evitare di farlo.
Partiamo dalle cose che ci interessano di più: come trattare una persona che ha avuto un contatto con una medusa.
Trattamento/ Comunemente vengono utilizzate soluzioni diluite a base di: bicarbonato di sodio, ammoniaca o acido acetico per lenire l’effetto urticante provocato dalle nematocisti delle meduse. Un recente studio statunitense, però, ha verificato che le stesse sostanze non hanno proprietà lenitive sul dolore; al contrario, l’anestetico per uso topico lidocaina, bloccando i canali ionici del calcio e del sodio delle nematocisti, mostra un’azione inibente il rilascio delle tossine, oltre che un’azione anestetica lenitiva sulla pelle colpita. Nella terapia di pronto soccorso viene anche usato l’aceto prima di applicare un bendaggio compressivo; oppure nel casi di tentacoli di Tamoya gargantua, una specie tropicale, il ghiaccio, il solfato di alluminio e l’acqua calda. Il farmaco di elezione, però, nel trattamento degli stati più gravi di reazione infiammatoria al veleno di medusa è lo steroide, che è in grado di controllare le complicanze infiammatorie più gravi.
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Ed ora l’ora di scienze:
La medusa è un animale planctonico, in prevalenza marino, appartenente al phylum degli Cnidari, che assieme agli Ctenofori formavano una volta quelli che erano i Celenterati.
Generalmente rappresentano uno stadio del ciclo vitale che si conclude dopo la riproduzione sessuata, con la formazione di un polipo. Alcuni studi hanno verificato che la medusa Turritopsis nutricula è potenzialmente immortale, anzi col passare del tempo è in grado di ringiovanire sempre di più fino a ricominciare un nuovo ciclo di vita.
Habitat e distribuzione geografica/ Le meduse di dimensioni maggiori si ritrovano negli Cnidari Scyphozoa, le cosiddette scifomeduse, tra le quali primeggia la Cyanea capillata, diffusa nei climi temperati ed artici, che può arrivare ai 2,5 m di diametro. Lo stadio polipoide è molto spesso ridotto, e nella Stygiomedusa gigantea e Pelagia noctiluca, specie oloplanctoniche, risulta invece assente. Nei Cubozoi, la struttura a forma di “ombrello” è di forma cubica con simmetria tetraradiale. Le cubomeduse, meduse diffuse nei mari tropicali, sono di piccole dimensioni, con al massimo i 15 cm (3 metri in estensione) delleChironex fleckeri; tuttavia sono molto pericolose e talvolta mortali anche per l’uomo, che le ha così soprannominate “vespe di mare”.
Lo stadio delle meduse si trova invece assente negli Cnidari della classe Anthozoa e in alcune specie di Idrozoi (ad esempio, l’Hydra), dove in molti altri casi prevale la forma polipoide coloniale, e l’idromedusa è di dimensione e vita ridotta.
Caratteristiche fisiche/ Le meduse hanno il corpo composto principalmente da acqua (circa il 98%). La forma generica di una medusa è quella di un polipo rovesciato. Può essere immaginata come un sacco leggermente appiattito, dove si riconoscono una zona superiore convessa, l’esombrella, ed una regione inferiore concava, detta subombrella, al cui centro è posta la bocca che si collega alla cavità gastrovascolare mediante una struttura tubulare chiamata manubrium (manubrio). Dal margine subombrellare si propagano dei tentacoli urticanti a scopo di difesa e di predazione.
Pericolo/ I loro tentacoli ospitano delle particolari cellule, gli cnidociti, che funzionano una volta sola, per cui devono essere rigenerate. Hanno funzioni difensive ma soprattutto offensive (per paralizzare la preda). Esse si attivano quando vengono toccate, grazie a un meccanorecettore detto cnidociglio, ed estroflettono dei filamenti urticanti detti cnidae. Le cnidae possono essere di diverso tipo: nematocisti o spirocisti, e sono collegate ad appositi organuli, cnidoblasti che contengono un liquido urticante.
Le cnidae, in genere, inoculano una sostanza che uccide la preda per shock anafilattico. Il liquido urticante ha azione neurotossica o emolliente, la cui natura può variare a seconda della specie, ma di solito è costituita da una miscela di tre proteine a effetto sinergico. Dai suoi studi, il Premio Nobel Charles Robert Richet individuò le tre proteine e le classificò come: ipnotossina, talassina e congestina. L’ipnotossina ha effetto anestetico, quindi paralizzante; la talassina ha un comportamento allergenico che causa una risposta infiammatoria; la congestina paralizza l’apparato circolatorio e respiratorio. Anche se non tutte le meduse sono urticanti, alcune cubomeduse come la Chironex fleckeri, sono particolarmente pericolose per l’uomo, in taluni casi possono causare anche la morte per shock anafilattico.Le sostanze urticanti liberate dalle nematocisti delle meduse provocano: una reazione infiammatoria acuta caratterizzata da eritema, gonfiore, vescicole e bolle, accompagnata da bruciore e sensazione di dolore. Questa reazione è dovuta all’effetto tossico diretto del liquido contenuto in tentacoli di medusa. A volte, le meduse possono provocare lesioni cutanee ritardate nel tempo. La reazione cutanea alla medusa ritardata nel tempo rappresenta una entità clinica seria nella quale si sviluppano lesioni di tipo eczematose a distanza di giorni o di mesi dopo il contatto con gli invertebrati, in questo caso si può anche ricorrere, nei casi più gravi, a terapie sperimentali con immunosoppressori. Talvolta le lesioni cutanee hanno carattere di dermatiti ricorrenti.
Anche la peggiore lesione delle medusa non ha niente a che vedere con quello che può causare la sua “cugina cattiva” ovvero la Caravella Portoghese che è ancora, fortunatamente, rarissima nei nostri mari.