Non vi lascio là sotto!

La tragedia della Meloria

Continuiamo il nostro percorso a omaggiare tutti coloro che hanno compiuto o tentato di compiere salvataggi al limite del possibile. Abbiamo intrapreso questo percorso con la storia di Angelo Licheri, legata a quella del povero “Alfredino” e proseguiamo con quella del Sergente Giannino Caria che osò oltre ogni sforzo pur di riportare i suoi commilitoni in superficie. La sua storia è legata a quella del Gesso 4. La tragedia del Gesso 4

Quella del 9 novembre 1971 è un’esercitazione mista a cui partecipano paracadutisti italiani e velivoli, e soldati, di sua Maestà. Fuori c’è la Guerra Fredda, bisogna essere pronti. E’ un’esercitazione classica per le forze paracadutiste che prevede l’aviolancio in modalità CARP con partenza dall’aereoporto militare di Pisa.  Zona di lancio in Sardegna, a Villacidro. 
E’ previsto il decollo di dieci velivoli. Tutti contrassegnati sulla fusoliera da un numero progressivo scritto col gesso, dall’uno al dieci. La descrizione tecnica dell’operazione e dei mezzi è così ben fatta su Wikipedia che è inutile ripeterla qua sulle nostre pagine. 
Immaginate però una lunga fila di velivoli quadrimotore pronti a decollare. A bordo la tensione dei più giovani e, probabilmente, la stanchezza dei più scafati. Sono le 5 del mattino.
Luce verde dalla torre. I velivoli in rullaggio e poi il decollo a distanza di quindici secondi l’uno dall’altro.
 A pochi minuti dal decollo, i piloti di “Gesso 5” che seguiva il “Gesso 4”  vedono davanti a loro una improvvisa fiammata sul mare.
A quel punto il Comando comprende che “Gesso 4 è in mare” e con lui i corpi dei 46 paracadutisti ed i 6 membri dell’equipaggio.
Partono le operazioni di recupero ma ci vorranno giorni per individuare il relitto del “Gesso 4” ed il suo tragico carico di vite spezzate. E’ il dragamine Ontano, il 15 novembre, che individua la carcassa a circa 50 metri di profondità nei pressi delle secche della Meloria.
La Marina Militare e gli altri corpi dello Stato intervengono con tutto il personale specializzato, fra questi vi è anche il sergente maggiore dei Sabotatori Giannino Caria. Militare di carriera, paracadutista, rocciatore, subacqueo.
Il  18 novembre Caria scende per l’ennesima volta in immersione. Ma questa volta si toglie la cima che lo tiene collegato ad un collega (andavano in coppia per sicurezza), forse per poter esplorare più liberamente i resti di “Gesso 4”, e rimane sul fondo.
Viene riportato senza vita in superficie.
Caria non sopportava l’idea di lasciare ancora là, nel fondo del mare, i suoi commilitoni.

Il Presidente della Repubblica, per iniziativa del Presidente del Consiglio dei Ministri e su proposta del Ministero dell’Interno, concederà la Medaglia d’Oro al Valor Civile alla memoria del Sergente Caria con la seguente significativa motivazione:

 “CON ALTO SENSO DI GENEROSA SOLIDARIETÀ’ E CON ARDIMENTOSO SLANCIO CHIEDEVA DI PARTECIPARE VOLONTARIAMENTE ALLE DIFFICILI OPERAZIONI DI RECUPERO DELLE SALME DEI PROPRI COMMILITONI RIMASTE PRIGIONIERE,  SUL FONDO DEL MARE , NEL RELITTO DI UN AEREO INABISSATOSI IN TRAGICHE CIRCOSTANZE. MALGRADO LA VIOLENTA AVVERSITÀ’ DEGLI ELEMENTI NATURALI NON DESISTEVA DALL’EFFETTUARE RIPETUTE RISCHIOSE IMMERSIONI, FIN QUANDO RESTAVA VITTIMA DEL PROPRIO INDOMITO VALORE, FACENDO OLOCAUSTO DELLA GIOVANE VITA E LEGANDO COSI’ IL SUO DESTINO A QUELLO DEI COMMILITONI CADUTI. NOBILE ESEMPIO DI COMPLETA DEDIZIONE AL DOVERE E DI SUBLIME ABNEGAZIONE”