Il professionista della Rescue Board
Intervista all’istruttore FISA Enrico Carmignani
Per chi bazzica il “salvataggio”, sa che il cognome Carmignani è una pietra miliare del settore. Sinonimo di passione e garanzia di professionalità. Enrico spinge la tradizione ancora più avanti diventando uno dei principali istruttori di Rescue Board in Italia.
Ciao Enrico! Come ti sei avvicinato al mondo del salvataggio?
Praticamente ci sono nato! Mio padre fa corsi per bagnini dagli anni ‘60, a quei tempi non c’erano piscine, li facevano in mare. Io ho iniziato a nuotare prima ancora di camminare a fare gare di nuoto a 6 anni, poi sono passato al nuoto per salvamento agonistico fino a metà anni ’90. Ho preso il brevetto da bagnino nel 1989, nel 1991 sono diventato istruttore di nuoto e di salvamento successivamente nel 1996 sono diventato maestro di salvamento. Oggi ho varie specializzazioni tra cui la rescue board di cui sono responsabile della scuola federale FISA, insieme a Marco Faieta. Insistiamo molto con i nostri allievi perché imparino a utilizzare tutti i mezzi moderni di salvataggio, se nel resto del mondo non esiste il pattino di salvataggio ci sarà un motivo! Negli anni ‘90 ho formato dai 100 ai 120 bagnini l’anno, sapevano quasi tutti remare, adesso mi trovo quasi sempre allievi che non hanno preso mai in mano un remo!
Cosa ti piace di più di questo mondo?
Sono 28 anni che faccio sorveglianza, tra mare e piscine, mi piace trasmettere le mie esperienze, credo di avere ancora da imparare, aggiornarsi e migliorare la propria tecnica è molto stimolante, confrontarsi con altre realtà nazionali e estere ti fa pensare a quanto ancora possiamo crescere nel salvamento. In Italia purtroppo siamo rimasti un po’ indietro rispetto all’Europa per quanto riguarda la formazione, per non parlare delle nazioni oltre oceano. Le tecniche di salvataggio si evolvono continuamente e noi della FISA cerchiamo di dare ai nostri allievi la formazione giusta per poter lavorare anche all’estero, purtroppo nel nostro paese l’esame non richiede di nuotare con le pinne o l’uso di presidi come ad esempio rescue can rescue tube e soprattutto la rescueboard o di nuotare in mare, noi glielo insegnamo. È importante anche dare nozioni di psicologia nell’emergenza, o come ci si comporta in un salvataggio con disabili.
C’è qualcosa che cambieresti dall’attuale sistema di certificazione dei brevetti?
Diverse cose andrebbero cambiate, credo che un assistente bagnanti per fare sorveglianza debba essere maggiorenne e aver svolto un tirocinio prima di poter lavorare, i rinnovi dovrebbero essere annuali con aggiornamenti obbligatori e dare prova di essere in grado fisicamente di effettuare un salvataggio, come avviene all’estero. Con il nuovo decreto che dovrebbe entrare in vigore dall’anno prossimo speriamo che qualcosa si muova, la prima stesura era molto confusa e piena di buchi però.
Mezzo di salvataggio preferito?
Ovviamente la mia preferita è la rescue board. Circa il 90% degli interventi in mare avviene al massimo a 100/150 mt dalla riva, nei tratti più brevi che di solito si fanno a nuoto preferisco il rescue can al rescue tube che è molto usato sull’adriatico e se posso metto anche le pinne, perdi un po’ di tempo ad indossarle ma quando le hai ai piedi recuperi il pericolante e lo riporti a riva più velocemente e in sicurezza. Con il pattino di salvataggio mi sono molto divertito in passato ma secondo me ormai è obsoleto e i ragazzi di oggi sanno più surfare che remare. Ormai è da un po’ che è stato inventato il motore a scoppio, per gli interventi molto distanti dalla riva si può usare o la costosa moto d’acqua o i gommoni appositi per il rescue, con 3000/3500 euro se ne può avere uno completo.
C’è un salvataggio che meglio ricordi?
Beh ne ho fatti parecchi, ne ricordo alcuni particolarmente, uno con mare enorme a prendere un ubriaco per sant’Ermete sotto il pontile di Forte dei Marmi, mi puntellavo con una mano sotto il ponte per non essere sbattuto contro il cemento e con l’altra tenevo il rescue can a cui era attaccato il pericolante! Sempre al pontile di marzo mentre scattavo foto ai surfisti, onde enormi, un ragazzino in preda al panico rimane legato con il leash ad un pilone, mi sono spogliato, tuffato e l’ho recuperato, appena l’ho afferrato è svenuto allora mentre lo sostenevo gli ho tolto il leash dalla caviglia l’ho messo sulla sua tavola e l’ho portato a riva! Un’altra che ricordo bene è la prima volta che ho usato la rescue board con un ragazzino che aveva perso il body board. Mi è capitato anche un ragazzo speciale (affetto da autismo) che annegava ma non voleva essere toccato, non riuscivo ad afferrarlo, alla fine l’ho preso, ha gridato fino a riva. Se ci penso me ne vengono in mente tantissimi, anche con il pattino.
Come hai conosciuto la FISA?
Io ho visto nascere la FISA, sin dal primo momento, è stata una grande emozione! Un progetto dinamico!
Perché consiglieresti ad un ragazzo o una ragazza che vuole diventare bagnino di scegliere FISA?
La FISA, a partire dal suo presidente Raffaele Perrotta, è fatta per lo più da operativi e persone con grande passione per il salvamento, è nata per creare soccorritori moderni preparati e qualificati. Noi crediamo che come in tutti i campi professionali bisogna aggiornarsi e accrescere il proprio bagaglio formativo continuamente, solo così il lavoro del bagnino potrà essere riconosciuto come una professione di livello!
Un insegnamento che ritieni fondamentale trasmettere ai tuoi allievi?
Cerco sempre di trasmettere le mie esperienze, l’importanza che ha fare bene il proprio lavoro, bisogna sempre migliorarsi, non è un gioco, si hanno degli obblighi, la vita delle persone dipende da noi, bisogna essere sicuri e trasmettere sicurezza ai bagnanti e ai pericolanti. Se hai paura di andare in mare cambia lavoro. Ho formato con la rescue board soccorritori dei Vigili del Fuoco, dell’Esercito, Protezione Civile che hanno espresso la loro approvazione e soddisfazione per la tavola.
Un allievo o un gruppo di allievi che ricordi con piacere? Che ti hanno sorpreso?
Ricordo sempre con piacere tutti i miei allievi, mi gratifica rivederli in piscina a nuotare per tenersi in forma. È facile indicare gli allievi più bravi che fanno sport agonistici, anche ad altissimo livello, con grande attitudine fisica e mentale, ma mi danno più soddisfazione quelli che all’inizio non sono tanto bravi ma che ascoltando i consigli che gli do’ e con impegno migliorano fino ad arrivare a fare cose che non sapevano di poter fare!