Mentre l’ustione da contatto con la medusa rappresenta la più comune delle “problematiche” sulle spiagge italiane e quella da contatto con la pericolosa Caravella Portoghese è ancora fortunatamente una rarità, la puntura della tracina è una costante di ogni estate!
Andiamo a conoscere questo pesce dalla faccia buffa e dallo sguardo sornione e ricordiamoci quanto vale per tutte le specie marine: il mare è casa loro, siamo noi esseri umani gli ospiti!
La famiglia Trachinidae comprende 9 specie di pesci d’acqua salata conosciuti comunemente come tracine o pesci ragno, appartenenti all’ordine Perciformes. In Versilia vengono chiamate raganelle.
Habitat e distribuzione geografica/ Questi pesci sono diffusi nei bassi fondali sabbiosi di tutto il mar Mediterraneo e sulle coste atlantiche dall’Europa occidentale a nord fino all’arcipelago britannico all’Africa tropicale. Una specie vive nell’Oceano Pacifico cileno.
Caratteristiche fisiche/ Le tracine presentano un corpo cilindrico ma appiattito sul ventre (sono pesci che vivono principalmente sul fondo), con testa arrotondata, bocca molto grande rivolta verso l’alto e occhi posti molto in alto sulla testa. La lunga pinna dorsale è preceduta da una pinna formata da 5-6 raggi-spine cavi, collegati a una ghiandola velenifera. Altre spine velenifere sono poste sull’opercolobranchiale. Le dimensioni variano dai 15 cm di Trachinus collignoni ai 53 cm di Trachinus draco.
Le tracine si infossano nel fondale sabbioso, lasciando liberi solo gli occhi e le spine velenifere. Quando una preda capita a portata di bocca esse escono velocemente fuori dal loro nascondiglio. Si cibano di piccoli pesci e crostacei. Non hanno molti predatori, poiché la loro puntura dolorosa è un’esperienza terribile per chiunque provi a divorarle.
Pericolo/ In caso di puntura il dolore è molto forte, un bruciore profondo che si irradia dalla ferita lungo tutto l’arto, raramente arrivando fino all’inguine o all’ascella (a seconda dell’arto colpito), raggiungendo il suo massimo dopo 30-45 minuti dalla puntura. Può durare per 24 ore, con strascichi di formicolii e insensibilità. Piuttosto spesso però per lo shock doloroso l’organismo reagisce con nausea, vomito, tremori, svenimenti e giramenti di testa. Sono necessarie profilassi antidolorifica e antitetanica.
Trattamento/ Per un primo soccorso è utile immergere la zona colpita in acqua molto calda (anche salata) per due ore o almeno un’ora, o anche 30 minuti sotto la sabbia riscaldata dal sole, poiché il veleno è termolabile. Non è consigliato l’utilizzo di acqua fredda o ammoniaca. Premere per qualche istante sulla ferita per favorire l’uscita di sangue e ridurre il rischio di infezione. In alcuni casi l’aculeo si spezza e l’estrazione diventa difficile. In quei casi è consigliabile recarsi presso il vicino Pronto Soccorso.