Il pattino di salvataggio è il mezzo principale delle operazioni di salvataggio dei bagnini italiani. E’ uno strumento reso obbligatorio da praticamente tutte le Ordinanze di Balneazione emanate dai Comandi delle Capitanerie di Porto di tutta Italia che lo descrivono con questo paragrafo “Un’unità, di colore rosso, idonea a disimpegnare il servizio di salvataggio recante la scritta “SALVATAGGIO” o “S.O.S.” ed il nome della concessione balneare, munita di cavetto a festoni e dotata di un salvagente anulare di tipo conforme alla vigente normativa sulla navigazione da diporto, munito anch’esso di cavetto a festoni, con sagola galleggiante lunga almeno 25 metri e di un mezzo marinaio o gaffa. Tale unità non deve essere, in alcun caso, destinata ad altri usi“.
In questo paragrafo non è fatto obbligo che il mezzo debba necessariamente essere il pattino. Per la capacità di questo strumento ottocentesco di affrontare le onde, la sua grande presenza in Italia (dove è stato inventato) questo è diventato comunque lo strumento più comune nel salvataggio italiano.
Nella foto a destra una simpatica scialuppa di salvataggio RESCUE sull’isola di Favignana.
Il pattino ha assunto vari nomi a seconda della località geografica: patino con una “t” sola in Versilia mentre sulla riviera adriatica viene chiamato moscone.
E’ un mezzo abbastanza versatile che ha i sui punti di forza nella nella possibilità di “imbarcare” più pericolanti insieme ma presenta delle vere criticità di fronte al mare agitato. A causa della stazza in caso di ribaltamento può provocare gravi infortuni (nel 1986 causò la morte del bagnino Santocchi ed altri incidenti sono avvenuti anche più recentemente) .
Vi sono differenti tipi di pattino e differenti dimensioni. In legno o vetroresina. Con o senza le ruote. In qualsiasi modo lo preferiate ricordate che il pattino deve stare sulla battigia e poter entrare in acqua con un “giro di rullo” (sul nostro shop potete trovarne due modelli).
Non tutti i pattini sono omologati CE o RI.NA. In un recente sondaggio portato avanti sui nostri canali social abbiamo scoperto che poco più del 50% dei bagnini italiani ha strumenti certificati Ri.Na.
Nonostante il Pesce d’Aprile che qualche anno fa giocammo ai nostri lettori il pattino non è mai riuscito a conquistare i salvataggi nel resto del mondo.
Agli albori del salvataggio in USA e Gran Bretagna c’era il DORY, una scialuppa di legno poi soppiantata da rescue can e rescue board. Oggi viene utilizzato esclusivamente per le gare e cerimonie dei lifesavers.
COSTA EST e COSTA OVEST. Solitamente sulla costa est vengono preferiti pattini di legno a conduzione singola (ma si trovano anche sulla costa laziale) mentre sulla costa tirrenica si preferiscono mezzi di vetroresina più grandi che solitamente richiedono due operatori per la conduzione.
Nella immagine a sinistra un marinaio di salvataggio riminese
Sulle spiagge a rapido declivio come in Liguria e alcune zone della Sicilia e Calabria, caratterizzate da una potente risacca in caso di mare mosso è impossibile mettere il pattino in acqua in quelle condizioni per cui questo mezzo risulta spesso inutilizzabile.
Nella immagine a destra due bagnini di salvataggio in Versilia si allenano su un modello in vetroresina “BANANO”.
Alcune ordinanze richiedono un ancorotto a bordo per poter fare sorveglianza da mare verso terra.
Raccomandiamo di verificare sempre le attrezzature a inizio stagione. Fondamentali per un pattino sono la qualità dei remi, degli scafi, degli scalmi e delle boccole.
Riguardo le categorie CE ecco un altro punto su cui andrebbe fatta una riflessione.
I natanti con marcatura CE possono navigare nei limiti stabiliti dalla categoria di progettazione (A, B, C, D) e comunque entro 12 miglia dalla costa (Codice della nautica da diporto, art. 12). Va tenuto presente che le categorie di progettazione non indicano limiti di “distanza”, ma sono riferite alle condizioni del vento e del mare. Questi i parametri:
– categoria A: navigazione senza alcun limite;
– categoria B: navigazione con vento fino a forza 8 e onde con altezza significativa fino a 4 metri (mare agitato);
– categoria C: navigazione con vento fino a forza 6 e onde di altezza significativa fino a 2 metri (mare molto mosso);
– categoria D: navigazione con vento forza 4 e onde di altezza significativa fino ai 0,3 metri.
In una nostra SCHEDA abbiamo comparato il pattino di salvataggio alla rescue board ed al rescue can ed è venuto fuori che è lo strumento con le performance inferiori con mare mosso ed agitato. A tutto questo andiamo ad aggiungere il panorama generale italiano dove i pattini a scopo ricreativo stanno gradualmente scomparendo (a vantaggio dei pedalò e SUP) e dove i giovani non sanno più letteralmente tenere un remo in mano … si può intuire che se non si è ben allenati condurre in mare agitato un’imbarcazione di quelle dimensioni può comportare più rischi che benefici!
Il consiglio che diamo a tutti i bagnini di salvataggio è sempre il solito: allenarsi, allenarsi, allenarsi anche con il mare mosso, magari, indossando uno strumento di aiuto al galleggiamento ed un caschetto per proteggere la parte più importante del corpo: la testa!
Ed infine di cambiare mentalità ed avere un approccio maggiormente risk oriented ovvero in cui si valutano i rischi per il bagnino ed i pericolanti e quindi si porta la scelta, se in presenza di reali pericoli, verso strumenti meno impattanti (rescue can, rescue tube, rescue board).
Non è facile cambiare mentalità, lo sappiamo, anche perché i principali corsi di salvataggio sono ancora basati sul PATTINO PROBLEM SOLVER (“in caso di problemi metti in mare il pattino … poi si vedrà”) ma prima o poi succede a tutti di ribaltarsi. E allora cosa si fa se non si è capaci ad utilizzare gli altri mezzi o si è perso troppo tempo cercando di operare con il pattino in uno scenario in cui non era adatto?